Caro Deaglio, le spiego a cosa serve l’avvocato

L'articolo completo in allegato.

Pubblicato su "Il Dubbio " del 2 giugno 2018.

 

Sull'ultimo numero del Venerdì di Repubblica, il dott. Enrico Deaglio ha speso parole e ragionamenti, per quanto da me ricostruibili come tali, sulla figura del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e sul ruolo degli avvocati in genere, partendo da una critica alla espressione “sarò l’avvocato del popolo” utilizzata in una recente occasione dal prof. avv. Conte.

 

Il 17 aprile 2013 Papa Francesco in piazza S. Pietro, di fronte a 50 mila fedeli, si rivolse loro con queste parole: ”Gesù è il nostro avvocato, egli ci difende sempre. E’ bello sentire che abbiamo un avvocato”. Quello della difesa dei diritti è dunque, almeno secondo Papa Francesco, persona con solide basi morali suppongo, una funzione nobile, peraltro, aggiungo io, costituzionalmente non alienabile. In fondo quando prendiamo le difese di qualcuno tutti siamo avvocati, poi vi è chi lo fa per professione, assumendone tutte le fatiche, le gioie, le delusioni, ma soprattutto la responsabilità di colui da cui può dipendere la libertà personale, l’onore, l’affidamento di un figlio, la tutela di una parte lesa, la salvezza di un’impresa e di posti di lavoro, e altro.

 

Certo tra tanti avvocati che ogni giorno fanno il proprio dovere nell’anonimato, con dedizione e senso della deontologia, ve ne sono anche altri, che assai poco dignitosamente interpretano il loro ruolo, e certo si possono estrapolare, come fa il dott. Deaglio, esempi virtuosi o per nulla virtuosi, o che con la professione di avvocato mai hanno avuto a che fare, per esempio Gianni Agnelli, laureato in giurisprudenza, detto “l’avvocato”e richiamato dall’articolista, non è mai stato e non ha mai fatto l’avvocato, ma questo genere di “selezioni” può naturalmente essere fatta per qualsiasi mestiere o professione. Una cosa è certa, che i difensori dei diritti dei più deboli, i tutori delle garanzie processuali, i custodi del principio di eguaglianza e di non discriminazione, da secoli e secoli sono gli avvocati, e dove non vi è avvocatura libera non a caso non vi è democrazia. Da noi la democrazia per fortuna c’è e lo si deve anche all’ avvocatura italiana, che per essa ha combattuto e si è sacrificata, come Fulvio Croce, assassinato dai brigatisti rossi e immolatosi scientemente a difesa del di loro diritto alla difesa e dello Stato di diritto.

 

Democrazia però vuol dire anche rispetto degli altri, del loro lavoro, della loro funzione. Per la verità vuol dire pure libertà di scrivere (quasi) qualsiasi cosa, anche se banale, non informata o qualunquista, e a ben pensarci preferisco poter continuare a leggere il libero pensiero di chiunque, non importa se a volte confuso o ineducato, diversamente non farei e non sarei un avvocato.

 

Andrea Mascherin

 

 

 

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