Corte d'Appello di Trieste ribalta la decisione del Tribunale: non sono trascrivibili i trasferimenti immobiliari effettuati con negoziazione assistita

QUI  avevamo riportato e commentato il decreto del Tribunale di Pordenone che ordinava al Conservatore dei Registri Immobiliari di trascrivere un trasferimento immobiliare contenuto in un accordo di separazione tra coniugi concluso con procedura di negoziazione assistita.

 

Cono ordinanza – qui allegata – del 30 maggio 2017 e pubblicata in data 6.6.2017, La Corte d’Appello di Trieste ribalta la decisione del Tribunale e accoglie il reclamo avverso il decreto di cui sopra, presentato dall’Agenzia delle Entrate. Per la Corte d'appello di Trieste non sono trascrivibili i trasferimenti immobiliari effettuati con negoziazione assistita.

 

La Corte muove dalla ricognizione delle norme in rilievo: gli artt. 5 e 6 del d.l. 132/2014 (negoziazione assistita) e le norme codicistiche in materia di trascrivibilità degli atti e della forma necessaria per la loro trascrizione (art. 2567 e 2703 c.c.).

E sono proprio le norme richiamate a far ritenere alla Corte che l’interpretazione date alle stesse dal Tribunale non sia convincente. Infatti, il Tribunale non ha ritenuto trascrivibile l’accordo sulla base della equiparazione dell'autentica degli avvocati a quella dei pubblici ufficiali, ma sulla base della equiparazione tra l’accordo di negoziazione assistita e gli altri provvedimenti che concludono l’iter della separazione (giudiziale o consensuale).

 

Secondo la Corte, invece, l’art. 5, comma 3, d.l. n. 132/2014, che è norma di portata generale, impone sempre l’autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale autorizzato per tutti gli atti soggetti a trascrizione e, dunque, anche per gli atti conclusi a seguito di negoziazione assistita “familiare” ai sensi del successivo art. 6.

E’ necessario distinguere tra effetti e forma dell’atto secondo quanto previsto dall’art. 2657 c.c. che stabilisce che la trascrizione non possa essere effettuata se non in forza di sentenza, atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. La peculiare forma richiesta dalla norma trova la sua ratio nella necessità di tutelare gli interessi pubblicistici e della collettività garantendo la corretta circolazione dei beni e dei diritti reali immobiliari.

Quanto previsto dall’art. 6, comma 3, d.l. n. 132/2014 non può essere inteso, quindi, come norma speciale in deroga all’art. 5, comma 3, e all’art. 2657 c.c. (e cioè alle norme che prevedono l’autentica delle scritture private ai fini della trascrizione) nonché all’art. 2703 c.c. (secondo cui l’autenticazione consiste nell’attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza): proprio la particolarità della materia, infatti, e gli interessi di natura pubblica sottesi alla sua disciplina, non permettono che una previsione dettata in modo generico quale la semplice equiparazione, quanto agli effetti, tra l’accordo di negoziazione e i provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione possa essere interpretata come una deroga ad un principio codicistico fondamentale del nostro ordinamento.

 

La necessità di un controllo pubblico rimane, dunque, per la Corte, principio essenziale e cardine del sistema della pubblicità immobiliare che non può consentire a soggetti privati, pur qualificati, ma certamente legati dal rapporto professionale alle parti che assistono e quindi privi del requisito della terzietà, di certificare con la propria sottoscrizione atti che poi devono trovare ingresso nel complesso sistema delle trascrizioni e delle intavolazioni diretto a garantire la certezza dei diritti.

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